domenica 4 marzo 2012

LAOS - NEL PAESE DEI BONZI FUMATORI


Il fumo in Laos, dove nemmeno i monaci buddisti sanno rinunciare al tabacco

La tranquillità sembra scorrere placida come le acque del fiume Mekong, nel Paese che tra il 1964 e il 1973 fu colpito da più bombe che tutta l’Europa durante la Seconda Guerra Mondiale. Il Laos, ove oggi regna una pace bucolica, è lontano anni luce, come atmosfere e ritmi di vita, dalla vicina Bangkok. Oltre cinque milioni di abitanti, quarantasette gruppi etnici e… molte sigarette.





Interessi cinesi, consumatori locali
L’Asia consuma la metà globale del tabacco e le multinazionali non stanno a guardare. Diventate specie di ‘nemici pubblici’ nei Paesi più sviluppati, dove regole e proibizioni rendono sempre più difficile il commercio delle sigarette su larga scala, le grandi compagnie del tabacco sono alla costante ricerca di nuovi mercati. In una posizione intermedia fra gli estremi - Singapore, zeppa di regole e con pochi fumatori; Cambogia e Vietnam, poche o zero regole e moltissimi fumatori -, il Laos ha da poco avviato una campagna antifumo, con risultati minimi. Su questo sfondo hanno trovato terreno fertile i cinesi della Yuxi Hongta (il nome deriva da quello di una montagna dello Yunnan) Tobacco, un gruppo cinese con una decina di fabbriche nel grande Paese asiatico e filiali a Hong Kong e in Svizzera. In Laos sono presenti con la Lao-China Good Luck Tobacco Company, joint-venture fondata nel 1992 grazie anche all’appoggio del governo comunista della Repubblica Democratica Popolare del Laos, sempre più interessata a privatizzare alcuni settori dell’economia. L’organo di stato che controlla il 100% del mercato ufficiale del tabacco laotiano è la Laotian Tobacco Company. Con un ufficio nella capitale Vientiane e una manifattura a Savannaketh - importante città del Sud al centro di una zona economica ‘speciale’ -, la Lao-China Good Luck Tobacco Company produce le popolari Honghua, con pacchetti giallo-arancione, bianco e blu e bianco (king size). Fra le altre, nel proprio stabilimento la compagnia usa macchine G.DX2 italiane, capaci di sfornare 400 pacchetti al minuto. Il tabacco usato è il Virginia 3, coltivato in loco e importato dalla Cina. Il Laos ha in programma l’aumento della coltivazione della pianta da tabacco, per ora piccola parte del coltivato nazionale. L’obiettivo è di raggiungere i 4000 ettari nel 2011, passando dalle 810 tonnellate del 2002 alle 64.000 nel 2011.
Oltre alla Lao-China Good Luck Tobacco Company in Laos opera la Imperial Tobacco Laos, con sede a Vientiane. Parte della grande famiglia Imperial Tobacco - multinazionale presente in Asia, Oceania, Africa, Medio Oriente ed Europa Orientale, il cui prodotto più noto sono le Davidoff -, la Imperial Tobacco Laos ha una manifattura che segue l’intero processo di fabbricazione, dalla foglia al prodotto finito. Suo marchio di punta è la sigaretta “A”, anch’essa fatta con tabacco Virginia e distribuita come king size (full flavour, con pacchetto blu, rosso e bianco, oppure con pacchetto azzurro), con filtro (pacchetto bianco) e al mentolo. Anche la Imperial Tobacco Laos è una joint-venture con il governo laotiano. Honghua e A sono su tutti i banchi & banchetti di strada dell’intero Laos, a volte tra spiedini di carne, caramelle e bottiglie d’acqua. E, come in tanti Paesi in via di sviluppo, possono essere acquistate singolarmente, una a una.







Contrabbando e tradizione
Alla produzione ufficiale, come dovunque, va aggiunta quella derivata dal contrabbando. Il Laos sembra essere uno snodo importante sulla via del tabacco taroccato ed esentasse, in particolare fabbricato in India e diretto verso il Vietnam, dai cui porti tutto parte verso destinazioni ‘pregiate’ ma non sempre certificate. Negli anni passati in Vietnam sono stati sequestrati ingenti quantitativi di sigarette indonesiane JET and Lion Head (della STTC, Sumatra Tobacco Trading Company) false, giunte via terra dal Laos previo passaggio dalla Thailandia, dove arrivano via nave. In questo modo le sigarette ‘perse’ lungo il tragitto possono evitare di pagare le tasse, in Laos pari di solito al 30% del prezzo per quelle interne e del 40% per quelle importate. Queste ultime mediamente costano il doppio (circa 1$) di quelle di produzione nazionale. Gran parte delle sigarette importate (Marlboro, L&M, Benson & Hedges), ufficialmente o meno, arriva dalla vicina Tailandia, considerata da molti laotiani come Paese moderno e i cui prodotti sono di qualità superiore. Dire, in Laos, che il tal prodotto è made in Thailand significa dire che è roba buona, che durerà più a lungo, che si può comprare a scatola chiusa. Dal Vietnam, invece, sono importate le Bastos (prodotte dalla Imperial Tobacco), le 555 (le preferite da Ho Chi Min) e le ERA.
Alle sigarette prodotte a Savannaketh e Vientiane e a quelle arrivate per vie più o meno traverse dall’estero bisogna aggiungere il fumo tradizionale. Molte delle quarantasette etnie sparpagliate per il Paese, soprattutto sulle montagne del Nord, hanno antiche usanze relegate al tabacco. Soprattutto fra i Hmong, grande gruppo etnico distribuito fra Cina, Vietnam, Thailandia e Laos, è ancor oggi usato il bong (dal tailandese baung), pipa ricavata da un tubo di bambù assai simile alla vietnamita dieu cay, pipa ad acqua che si riempie con tabacco thuoc lao. Nei villaggi più remoti di alcune etnie il fumo è diffusissimo anche fra i bambini, che lo consumano un po’ per gioco un po’ per combattere la fame. I maschi sembrano prediligere le sigarette, che fanno più macho, mentre le femmine usano le pipe di bambù.




Regole, anche per i bonzi
Il Laos ha ufficialmente una legge antifumo dal 2000, in realtà poco rispettata. Come tutte le leggi analoghe, sulla carta prevede la proibizione di fumare nei luoghi pubblici. Nel 2007 Luang Prabang, la città “perla del Nord”, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO (“città meglio preservata del Sud-Est Asiatico nel 1995), è stata la prima del Paese ad aver applicato ufficialmente questa legge, disseminando la città e i suoi numerosi monumenti, templi e monasteri di cartelli antifumo, soprattutto nei punti d’interesse turistico. On-line è addirittura possibile acquistare gadget di natura varia (poster, magliette, braccialetti) dedicati alla campagna antifumo di Luang Prabang. Nel dettaglio questa legge proibisce il fumo all’interno e all’esterno dei luoghi pubblici, degli uffici statali e dei mezzi di trasporto. Alberghi, guest-house e ristoranti che vogliono ospitare fumatori devono avere aree separate, almeno sulla carta, a Luang Prabang (nel resto del Paese vige una maggiore elasticità). La città, che non è cieca, mira a preservare i fondi che giungono dall’UNESCO per mantenere il titolo blasonato. Così, dunque, come ha proibito il noleggio di motorini (inquinanti) agli stranieri, lecito e diffuso in tutto il resto del Laos, ha vietato il fumo, soprattutto in prossimità dei monumenti (32 di quelli costruiti prima dell’arrivo dei colonizzatori francesi sono ancora in piedi): alcuni, sembra, in passato sono andati distrutti da incendi provocati da mozziconi accesi e abbandonati.
Di recente, inoltre, lo stato ha istituito a livello nazionale un comitato interministeriale per il controllo del tabacco e sta preparando un piano per un maggior controllo del fumo. Sono stati avviati corsi per smettere di fumare destinati agli impiegati nel settore della salute. Meno ufficialmente, ma con una certa consapevolezza da parte di alcuni, la campagna antifumo sta muovendo i propri passi anche nei monasteri buddisti, oggi in gran parte - soprattutto quelli nelle zone turistiche - cosparsi di cartelli no smoking. Se in Thailandia occasionalmente può capitare di vedere un bonzo che fuma una sigaretta, in Laos questo è assai frequente, soprattutto fra i bhikku, i bonzi ordinati, adulti. Ciò fa da ‘cattivo esempio’ per i novizi che, per imitarli, li seguono lungo il cammino della sigaretta. Sarebbe interessante sapere come questi bambini in tunica arancione scovino una sigaretta qua e là, dal momento che ufficialmente non dispongono di denaro. Il precetto buddista di non fumare (‘assumere droghe’) e bere, così come quello legale della campagna antifumo statale, sembra essere lasciato alle coscienze personali e al futuro. Per il momento si continua a fumare, in Laos, Paese in cui le bombe inesplose sono state trasformate in vasi portafiori.

Pubblicato su Smoking





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