domenica 3 giugno 2012

FILIPPINE - I TESORI DEI MARCOS


IL MALACAÑANG PALACE

Il febbraio del 1986 vide la rivolta popolare, spontanea e disarmata, della nazione filippina contro la dittatura dei Marcos, fuggiti in esilio alle Hawaii, dopo decenni di terrore, repressione e ruberie. Ferdinand Marcos, assieme alla moglie Imelda, altri familiari e quanti tesori più si potevano trasportare, fuggirono di soppiatto, in elicottero durante la notte, dal tetto del Malacañang Palace, il palazzo governativo, allora residenza privata della famiglia Marcos. Il successivo governo di Corazon Aquino, debole e costantemente bisognoso di propaganda per non ricadere nell'anarchia e nei soprusi dei militari, trasformò questo bel palazzo in un museo, per dimostrare al popolo la grande scelleratezza dei Marcos e l'assurdo lusso in cui questi vivevano, mentre il resto del paese soffriva la fame nelle numerose bidonville. Il Malacañang Palace, riordinato minuziosamente dopo lo sfacelo e gli sciacallaggi dei soldati che seguirono la fuga dei Marcos, è oggi un'alta opera di propaganda politica, parte dell'attuale palazzo presidenziali e del museo omonimo (http://en.wikipedia.org/wiki/Malaca%C3%B1an_Palace). Tutti i beni rimasti sono esposti con il massimo dell'accuratezza e dello sfoggio di lusso possibili: prime fra tutte, le oltre tremila paia di scarpe, famosissime, di Imelda Marcos, nota trafugatrice e ricettatrice di opere d'arte e tesori. Tutte o quasi sono firmate Magli o Ferragamo, e sono esposte in bella mostra, su lunghe, infinite file di scaffali. Fra gli altri gadget più incredibili risaltano i cuscini ricamati con i nomi dei due coniugi, la costosissima Mercedes in miniatura di loro figlio (oggi ritornato in patria ed erede politico del padre), utile per girare attraverso le ampie sale del palazzo. Ma anche i ritratti in posa plastica del dittatore, e le migliaia di confezioni di profumo francese, ancora intatte e avvolte dal cellofan. La disposizione e la quantità degli oggetti è sicuramente stata enfatizzata dal governo Aquino: ma, anche se un solo decimo di quanto è esposto al Malacañang Palace fosse realmente appartenuto ai Marcos, sarebbe più che sufficiente a dimostrare l'assurda follia collezionistico-ricettatoria dei due, soprattutto di Imelda, di origini umilissime e ideatrice dell'arredamento dannunziano. Imelda Marcos oggi, nonostante tutto, è stata riammessa nelle Filippine, ove vive e tenta di far rinascere il fantasma politico del marito scomparso: oggi spauracchio del passato, ieri simbolo del terrore e del sopruso.



IL COCONUT PALACE

Il Coconut Palace (Tahanang Maharlika in Tagalog; http://en.wikipedia.org/wiki/Coconut_Palace) si trova nei pressi del Centro Culturale e del FAT (Folk Arts Theatre), verso la parte periferica del Roxas Boulevard, in direzione dell’aeroporto internazionale. Si tratta di un palazzo magnificamente arredato, oggi residenza ufficiale del vicepresidente delle Filippine. Fu inaugurato nel 1981, dopo quattordici mesi di costruzione, cominciata nel 1979. Ideato da Imelda Marcos, fu eretto in breve tempo per ospitare papa Giovanni Paolo II, allora in procinto di visitare le Filippine. Ma il Santo Padre si rifiutò, attraverso le apposite vie diplomatiche, di venire ospitato in un luogo talmente sontuoso ed esageratamente adornato con mobilia pregiatissima mentre buona parte del popolo filippino faceva la fame. Giovanni Paolo II preferì alloggiare in un altro luogo, meno sfarzoso e appariscente. Il palazzo, divenuto inutile rispetto al suo scopo originario, fu trasformato in casa per gli ospiti dei Marcos (una fra le tante) e in seconda residenza per i due coniugi, oltre il palazzo governativo, il Malacañang.
Il Coconut Palace prende nome dal fatto che la maggior parte degli ornamenti interni sono costituiti da tronchi di palma, foglie e migliaia di noci di cocco, usate in scaglie al posto delle mattonelle. Ogni stanza riprende lo stile di una tra le etnie principali che compongono il vasto arcipelago filippino formato da oltre settemila isole, e le decorazioni degli ambienti sono formate da una strana mescolanza di eleganza e kitsch ‘etnico’, quest'ultimo rappresentato da innumerevoli soprammobili di gusto improbabile. L'edificio, tuttavia, nel suo complesso è caratterizzato da uno stile assai raffinato. Disegnato dall'architetto Manasa sulla base di un modello spagnolo, il palazzo è arricchito anche da mobilia e finestre in stile castigliano. La forma geometrica ricorrente nella struttura esterna dell'edificio, così come quella delle stanze, è l'esagono, in quanto è quella che meglio si adatta al taglio dei tronchi di palma. Il materiale derivante dal cocco, tuttavia, è stato utilizzato solo per le rifiniture e le decorazioni, mentre la struttura portante è stata costruita principalmente con il narra, il legno duro più diffuso nelle Filippine.
Il palazzo è diviso in due ali - sinistra e destra, dove sono situate le stanze ‘a tema’ - e in una zona centrale dove si trovano le aree comuni: il soggiorno, la stanza per la musica, lo studio e la sala da pranzo. Il soggiorno, illuminato da due candelieri (le luci sono avvolte da due grandi conchiglie, un elemento ricorrente nelle decorazioni), è abbellito con mobili in stile spagnolo in legname e giunco filippino. La stanza per la musica, dove troviamo un grande piano Yamaha, ospita anche un obelisco egizio intarsiato e ricoperto con lamine di corallo rosso. Lo studio, dove spicca una sedia con aquila sul poggiatesta, ha una libreria dove sono conservati libri appartenuti alla collezione privata di Marcos. Alcuni oggetti sulla scrivania, il tavolino per il caffè e altri accessori sono ricoperti da pelle di carabao, il bufalo d'acqua largamente diffuso nell'arcipelago. I muri del bagno attiguo sono invece ricoperti da fibre di cocco chiamate guinit.
La sala da pranzo vede al centro un grande tavolo sempre in legno di narra, intarsiato con gusci di noce di cocco, sia antichi sia recenti. Il soffitto, fatto a strati, è ricoperto da una carta da parati metallica, e i candelieri - pure in legno di narra - sono ispirati a quelli adoperati in occasione delle processioni religiose. Entriamo quindi nell'ala sinistra dell'edificio, dove troviamo le prime stanze ‘a tema’, quelle che riprendono gli stili delle popolazioni centro-meridionali del Paese. La camera Visayan, ispirata allo stile architettonico e decorativo dell'omonimo arcipelago centrale, ha mobili in rattan (canna d'India o malacca), materiale che costituisce la principale voce delle esportazioni delle isole Visaya (Iloilo, Negros, ecc.). Altri mobili sono decorati con corallo rosso, sia levigato sia grezzo. Dalla veranda si può godere una bella vista sulla Baia di Manila e di sera, se la luminosità è buona, si può arrivare a scorgere perfino la grande croce di Bataan (alta 95 m), costruita sul monte Samat - sulla dirimpettaia penisola di Bataan - per commemorare i 76.000 soldati filippini e statunitensi morti durante la Seconda guerra mondiale.
La stanza Maranao, popolazione musulmana che abita la grande isola meridionale di Mindanao, è decorata con elementi ispirati alla tradizione artistica islamica, come il Sarimanok, un uccello mitologico che simboleggia la maestà, il benessere e il potere. Quella dei Maranao è, fra le etnie musulmane dell'arcipelago, la tribù che più strettamente osserva i dogmi coranici, ed è nota per il suo artigianato in legno. La terza camera è quella dedicata ai T’boli, una tribù non musulmana che vive nell’area di South Cotabato, la regione più meridionale di Mindanao. I loro braccialetti sono stati usati per decorare la base del tavolino e della lampada, così come le loro perline colorate arricchiscono il baldacchino. Si Arriva quindi alla stanza Zamboanga, la quale prende nome dalla regione e dall'etnia del nord-ovest di Mindanao. Sia il pavimento sia i mobili e la struttura del letto sono in legno di palma, un legname in passato considerato troppo debole per le costruzioni, ma che attualmente, se adeguatamente trattato e indurito, sta avendo un grande successo nell'edilizia filippina. Il soffitto è decorato con un dipinto che riprende il disegno delle foglie di palma.
Tra le due ali del palazzo troviamo l'anticamera, anch'essa divisa in due parti: in quella di sinistra, decorata con il murale intitolato Santacruzan (una festa che si tiene in maggio), spicca su un tavolino una scultura in vetro verde, chiamata Madonna con il Bambino. Nella parte di destra, invece, si trova un altro murale, questa volta raffigurante scene del periodo coloniale spagnolo. Giungiamo così all'ala destra del palazzo, dedicata alle tribù settentrionali dell'arcipelago (la cosiddetta Mountain Province). La prima stanza è quella dei Tagalog, l'etnia che ha dato nome alla lingua più diffusa nel Paese. Stanziati nella regione di Manila e nella parte centrale dell'isola di Luzon, anche i Tagalog sono noti per l'artigianato in legno, che qui ritroviamo rappresentato dalle ciotole per il cibo sul tavolo e dalla struttura del letto. Sia il copriletto sia le tende sono in un tessuto chiamato Jusi, usato anche per tessere la camicia tradizionale filippina (Barong Tagalog).
L’ultima stanza è quella di Ilocos, dedicata alla regione nordoccidentale di Luzon. Questa è la camera più riccamente decorata, e dunque quella che, secondo le ipotesi dei Marcos, avrebbe dovuto ospitare il papa. Ha il maggiore bagno dell'edificio, costruito con legname e bambù locale chiamato Suuhiya, usato anche per costruire le ceste e le sedie. Dalla veranda si gode il panorama sulla Baia di Manila. Tra i mobili spiccano una sedia e un tavolino completamente ricoperti di madreperla (piuttosto kitsch ed estremamente costosi) e un tavolino da caffè decorato con foglie di tabacco appiattite e lucidate (il tabacco è il principale prodotto agricolo della regione di Ilocos).

Pubblicato su Frigidaire



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